Chi si aspettava ai piedi del megapalco psichedelico dove l’ex Equipe 84 Maurizio Vandelli ha chiuso da star la giornata modenese dell’Hippy hour, un pubblico scatenato in una danza liberatoria, lanci di fiori di rosa e fiori di pesco, reggiseni e toupé à la Jimy (Hendrix), l’aria impregnata di Maria e qualche (ex) ragazza ancora disposta a praticare il libero amore anche sul duro selciato della Piazza Grande, sarà rimasto deluso.
Di fronte al palco, rigorosamente transennate, stavano infatti tante seggioline riservate ai notabili locali comodamente seduti mentre intorno si stava tutti schiacciati in piedi, la piazza strapiena (i pochi altri posti a sedere a chi per primo se li era accaparrati).
Non molto flower power.
Del resto è almeno dal ‘78, trent’anni fa, che qualcuno si è accorto che la risata sessantottina invece di seppellire il potere, lo avrebbe solo riciclato, senza neppure troppa immaginazione.
E che i miti libertari ed egualitari della Beat generation avevano finito da un pezzo di “decretare lo stato di felicità permanente”.
Ricordate il Ricky Gianco di “Compagno si, compagno no, compagno un caz?”
Io c’ho il profugo cileno a casa mia e’ arrivato nel ’73
e da allora lui non é più andato via. Antonietta fammi star da te
passa un giorno, passa un mese, passa un anno l’unità sconfiggerà il padrone
ma Antonietta mi ha buttato per la strada vuoi vedere che sono io il coglione…
D’accordo, non sarà stata Woodstock. Niente fiori da mettere nei cannoni (?!?) e libero amore (maddai che scherzo, mica non lo sapevo…). La piazza sistemata in maniera molto poco flowerpower-correct. Però la rievocazione, quarant’anni dopo, con Modena di nuovo (a quanto pare qui tutto ha avuto origine) capitale del Beat italiano è stata divertente, piacevole e tutto sommato nemmeno intrisa di troppa nostalgia.
Caterina Caselli, Casco d’oro, ha tirato il pacco (in un telegramma, però, ha avvertito di esserci col cuore). In compenso Red Ronnie è volato da Londra per la serata, Mogol con i suoi aneddoti su quella stagione ha regalato qualche emozione battistiana, Vandelli è parso tutto sommato meno reduce di – tanto per dire – Tony Hadley degli Spandau Ballet che ho intervistato tre o quattro anni fa ricavando l’impressione di aver davanti un vecchio zio.
Pubblico di sessantenni, o giù di lì, entusiasta: occhioni lucidi per il pancione calvo al mio fianco mentre quel cappellone (beato lui) di Vandelli intonava “Dieci ragazze per me”.
Posson bastare.
L’anno prossimo si ripete, credo.
“Ce n’est qu’un Debut, continuons le combat!”